La prima fake news della storia: perché devi raccontare la tua storia prima che lo facciano gli altri

La prima fake news della storia: perché devi raccontare la tua storia prima che lo facciano gli altri Qual è stata la prima fake news della storia? Il Popish Plot del 1678—la teoria del complotto papista. Inghilterra, 1678. Nasce una teoria del complotto che teorizza la volontà dei cattolici di assassinare re Carlo II per favorire l’ascesa al trono del duca di York, Giacomo. Il problema? Questo complotto non è mai esistito. Lo storico John Kenyon lo dimostrò anni dopo, dedicando il suo studio più famoso a smontare questa teoria. Ma le voci si susseguirono per almeno un decennio. Perché? Questa storia ci insegna un principio fondamentale di storytelling aziendale efficace e gestione della reputazione online: Se non racconti tu la tua storia attraverso una comunicazione chiara e una content strategy costante, qualcun altro lo farà per te. Dove manca informazione, nascono le voci Ecco la lezione fondamentale: le voci attecchiscono meglio là dove l’offerta di informazione è insufficiente a soddisfare la domanda. Durante il regno di Carlo II esisteva solo un giornale in Inghilterra—il London Gazette—e la censura sulla stampa era feroce. Le persone avevano fame di informazioni. Ma non c’erano fonti ufficiali, credibili, accessibili. E così? Le voci hanno riempito il vuoto. Voci false, infondate, pericolose. Ma voci a cui le persone hanno creduto perché non c’era nessun’altra versione della storia. Il vuoto di informazione viene sempre riempito Questo principio vale oggi esattamente come nel 1678. Se tu non racconti la tua storia, qualcun altro lo farà per te. E quella storia potrebbe essere: Il vuoto di informazione non rimane mai vuoto. Viene sempre riempito. La domanda è: da chi? Come questo si applica al tuo business Pensa al tuo brand, al tuo ristorante, al tuo negozio, al tuo servizio. Se tu non comunichi chi sei, cosa fai, quali sono i tuoi valori, cosa succede? Le persone si fanno un’idea da sole. Basata su: E spesso, quella storia non è quella che vorresti raccontare. Il caso delle recensioni negative Hai mai visto un brand che non risponde alle recensioni negative? Cosa succede? Il cliente arrabbiato racconta la sua versione. E quella diventa la verità per chiunque legga. Perché? Perché non c’è un’altra versione della storia. Il brand non ha risposto. Non ha spiegato. Non ha raccontato il suo lato. E così, il vuoto è stato riempito dalla voce del cliente arrabbiato. Il caso del brand che non comunica Hai mai visto un brand che non è presente sui social, che non ha un sito aggiornato, che non comunica mai? Cosa succede? Le persone si fanno un’idea da sole: E quella percezione diventa realtà. Anche se è falsa. Perché? Perché il brand non ha raccontato la sua storia. La lezione del Popish Plot per il tuo brand La lezione è chiara: se non racconti la tua storia, qualcun altro lo farà per te. E quella storia potrebbe essere sbagliata. Come il Popish Plot. Una fake news che ha dominato per un decennio perché non c’era abbastanza informazione ufficiale per contrastarla. Tu che cosa fai? Aspetti che gli altri parlino di te, o inizi a raccontarti? Come raccontare la tua storia efficacemente Raccontare la tua storia non significa solo “postare sui social”. Significa: Il potere della narrazione costante I brand che controllano la loro narrazione non sono quelli che parlano di più. Sono quelli che parlano prima in modo costante e autentico. Un ristorante che comunica ogni giorno sui social? Controlla la sua narrazione. Un brand che risponde a ogni recensione? Controlla la sua narrazione. Un’azienda che racconta la sua storia sul sito, sui social, nelle email? Controlla la sua narrazione. E quando controlli la tua narrazione, le fake news non attecchiscono. Perché c’è già abbastanza informazione ufficiale, credibile, autentica. Come Social Levante ti aiuta a raccontare la tua storia Nel nostro lavoro di gestione social media, creazione di siti web, newsletter e strategie di comunicazione integrate, il nostro obiettivo è uno solo: Aiutarti a raccontare la tua storia prima che lo facciano gli altri. Perché sappiamo che se non racconti la tua storia, qualcun altro lo farà per te. Il tuo prossimo passo Se non stai raccontando la tua storia—sui social, sul sito, nelle email, ovunque—stai lasciando un vuoto. E quel vuoto verrà riempito. Da recensioni, da voci, da percezioni sbagliate. Come il Popish Plot nel 1678: una fake news che ha dominato per un decennio perché non c’era abbastanza informazione per contrastarla. Tu che cosa fai? Aspetti che gli altri parlino di te, o inizi a raccontarti? Contattaci per una consulenza gratuita e scopriamo come raccontare la tua storia in modo autentico, costante e strategico. 📖 Contattaci
Samsung vendeva noodles: innovazione aziendale e lezione di business

Samsung vendeva noodles: innovazione aziendale e lezione di business Samsung. Quando pensi a questo nome, cosa ti viene in mente? Smartphone. Televisori. Tecnologia all’avanguardia. Ma sapevi che nel 1938 commerciava noodles e li importava in Cina? Questa storia di innovazione e strategia aziendale ci insegna come la trasformazione d’ impresa e il coraggio di ripensare il modello di business possano trasformare un’azienda. Tre pivot strategici in 85 anni che hanno creato un impero. Il fondatore visionario che pensava fuori dagli schemi Il fondatore di Samsung, Lee Byung-chul, era un visionario—una persona abituata a pensare fuori dagli schemi. Non si è mai accontentato di fare “quello che facevano tutti”. Non si è mai fermato a una singola industria. Negli anni ’50, quando l’alimentare andava bene, ha fatto una scelta radicale: ha abbandonato i noodles per passare al settore tessile. E non si è limitato a entrare nel tessile. È diventato il produttore più importante della Corea di lana. Ma non si è fermato nemmeno lì. Il colpo di genio del 1969 Nel 1969, Lee Byung-chul ha fatto la mossa più audace della sua carriera: ha abbandonato alimentare e tessile per dedicarsi allo sviluppo tecnologico. Una scelta folle per molti. Perché lasciare settori profittevoli per entrare in un mercato nuovo? Ma Lee sapeva una cosa che i suoi competitor non capivano: il futuro non è dove sei oggi, ma dove sarai domani. E così Samsung è diventata pioniera del lancio di prodotti rivoluzionari: Samsung non ha seguito il mercato. Ha creato il mercato. Tre cambiamenti epocali in 85 Anni Facciamo i conti: Tre cambiamenti epocali in 85 anni. Non piccoli aggiustamenti. Non “miglioramenti incrementali”. Rivoluzioni complete. E ogni volta, Samsung è uscita più forte, più grande, più dominante. La domanda che dovresti farti Ora, la domanda cruciale: qual è stata l’ultima volta che tu hai ripensato alla tua strategia? Non un piccolo aggiustamento. Non “facciamo un post in più su Instagram”. Ma una vera riflessione strategica su dove stai andando e se quella direzione ha ancora senso. Se gestisci sempre la tua azienda nello stesso modo, potrebbe essere arrivato il momento di cambiare la tua strategia. Perché il mercato cambia. I clienti cambiano. Le tecnologie cambiano. E se tu non cambi con loro, rimani indietro. Perché i brand hanno paura di cambiare Molti brand hanno paura di fare quello che ha fatto Samsung. Hanno paura di abbandonare quello che funziona oggi per investire in quello che funzionerà domani. Hanno paura di rischiare, di sperimentare, di pensare fuori dagli schemi. E così rimangono fermi. Fanno sempre le stesse cose. Sperano che il mercato non cambi troppo in fretta. Ma il mercato non aspetta nessuno. E i brand che non si evolvono, muoiono. Come applicare la lezione di Samsung al tuo business Non devi abbandonare il tuo settore come ha fatto Samsung (anche se potrebbe essere la mossa giusta). Ma devi ripensare regolarmente alla tua strategia. La differenza tra evoluzione e stagnazione I brand che crescono non sono quelli che fanno sempre le stesse cose meglio. Sono quelli che si reinventano prima che sia troppo tardi. Samsung ha capito che i noodles non erano il futuro. Ha capito che il tessile non era il futuro. Ha capito che la tecnologia era il futuro. E ha avuto il coraggio di cambiare. Tre volte. Qual è il tuo “noodle”? Qual è quella cosa che stai facendo oggi solo perché “l’hai sempre fatto”, anche se sai che non è più la mossa giusta? Come Social Levante Aiuta i Brand a Evolversi Nel nostro lavoro di strategie integrate di comunicazione, gestione social media e creazione di siti web, la prima cosa che facciamo è chiederti: Dove vuoi essere tra 5 anni? Non “cosa vuoi postare domani”. Ma dove vuoi essere come brand. Perché se non hai una visione chiara del futuro, stai solo reagendo al presente. E reagire non basta più. Aiutiamo i nostri clienti a: Perché sappiamo che i brand che si evolvono sopravvivono. Quelli che non lo fanno, scompaiono. Il tuo prossimo passo Se gestisci la tua azienda sempre nello stesso modo, potrebbe essere arrivato il momento di fare quello che ha fatto Samsung: ripensare la tua strategia. Non piccoli aggiustamenti. Una vera riflessione strategica su dove stai andando e se quella direzione ha ancora senso. Samsung ha fatto 3 cambiamenti epocali in 85 anni. Qual è stata l’ultima volta che tu hai ripensato alla tua strategia? Contattaci per una consulenza gratuita e scopriamo se è il momento di evolvere la tua strategia per il futuro. 🚀 Contattaci
La prima collaborazione di Influencer Marketing della storia: 300 anni fa

La prima collaborazione di Influencer Marketing della storia: 300 anni fa Credi che l’influencer marketing sia un’invenzione moderna? Sbagliato. È successo 300 anni fa, e il risultato è stato ancora più potente di qualsiasi collaborazione odierna. La storia di Josiah Wedgwood e la Regina Charlotte ci insegna i principi fondamentali di una strategia di influencer marketing vincente: come creare collaborazioni efficaci, come scegliere l’ influencer giusto per il tuo brand e come ottenere **campagne misurabili e durature. Inghilterra, 1700: la genialata di Josiah Wedgwood Siamo nel 1700 in Inghilterra. Josiah Wedgwood è un ceramista con un sogno ambizioso: vendere le sue porcellane a tutta l’aristocrazia. Ma c’è un problema: come convincere la nobiltà a scegliere le sue ceramiche invece di quelle dei competitor? Wedgwood ha un’idea geniale. L’Influencer più potente del 1700 Wedgwood convince la Regina Charlotte a usare le sue ceramiche per il tè pomeridiano. Non è una piccola cosa. La Regina Charlotte non è una semplice cliente. È l’influencer più potente del regno. Quando la regina usa qualcosa, tutti la vedono. Tutti la imitano. Tutti la vogliono. Cosa succede dopo La regina ama le ceramiche Wedgwood e inizia a usarle pubblicamente. Cosa succede? Tutta l’aristocrazia inglese impazzisce. Tutti vogliono le stesse ceramiche della regina. Tutti vogliono quello che usa lei. Wedgwood diventa ricchissimo. Non perché ha fatto pubblicità. Non perché ha abbassato i prezzi. Ma perché ha capito un principio fondamentale: se una persona influente usa il tuo prodotto, tutti gli altri lo vorranno. Wedgwood aveva capito l’Influencer Marketing prima che esistesse Quello che Wedgwood ha fatto nel 1700 è quello che oggi chiamiamo influencer marketing. La formula è semplice: Nulla è cambiato in 300 anni. Solo i mezzi. Nel 1700, l’influencer era la regina e il “canale” era la società aristocratica. Oggi, l’influencer è un creator con migliaia di follower e il “canale” è Instagram, TikTok, YouTube. Ma il principio rimane lo stesso. Perché questo principio funziona ancora oggi L’influencer marketing funziona perché sfrutta una verità profonda della psicologia umana: la prova sociale. Se vediamo che qualcuno che ammiriamo, che rispettiamo, che consideriamo autorevole usa un prodotto, pensiamo: “Se lo usa lei, deve essere buono.” Non è razionale. È istintivo. E funziona. Nel 1700 con la regina. Oggi con i creator. Il problema: non tutti gli influencer sono uguali Ma ecco il punto che molti brand non afferrano: non tutti gli influencer sono uguali. Wedgwood non ha scelto una persona casuale. Ha scelto la regina—l’influencer più potente, più autorevole, più rispettata del regno. Oggi, molti brand commettono l’errore opposto: scelgono influencer basandosi solo sul numero di follower. Ma il numero di follower non è tutto. Quello che conta è: Un influencer con 50.000 follower autentici e altamente engaged vale 100 volte di più di un influencer con 500.000 follower fake. Come applicare la lezione di Wedgwood al tuo business Se vuoi usare l’influencer marketing, la domanda non è: “Quale influencer ha più follower?” La domanda è: “Quale influencer ha il pubblico che voglio raggiungere? Quale ha credibilità nel mio settore? Quale può influenzare il comportamento d’acquisto?” Perché se scegli l’influencer giusto—come ha fatto Wedgwood con la regina—il resto accade in modo naturale. La strategia di Social Levante per l’Influencer Marketing Nel nostro lavoro di creazione campagne di influencer marketing, non cerchiamo mai il numero di follower più alto. Cerchiamo l’influencer più autentico, più credibile, più allineato con il tuo target. Per ogni cliente, chiediamo: Perché sappiamo che la qualità dell’influencer è più importante della quantità di follower. E sappiamo che, come Wedgwood 300 anni fa, se l’influencer giusto usa il tuo prodotto, il resto del pubblico lo vorrà. Il tuo prossimo passo Cerca l’influencer che ha credibilità nel tuo settore, che ha un pubblico autentico e engaged, che si allinea con i tuoi valori. Perché quando trovi l’influencer giusto, il resto accade da solo. Contattaci per una consulenza gratuita e scopriamo quale influencer può trasformare il tuo business come la regina ha trasformato Wedgwood. 👑 Contattaci
Linguaggio social media: il codice segreto delle emoji che determina se il tuo brand è autentico

Linguaggio social media: il codice segreto delle emoji che determina se il tuo brand è autentico Guarda una emoji. Una semplice faccina, un cuore, una fiamma. Sembra banale, vero? Ma dietro a quel piccolo simbolo c’è un linguaggio in continua trasformazione, dove lo stesso simbolo può assumere significati diversi a seconda di chi lo usa e di quale generazione appartiene. Comprendere questo codice è fondamentale per una comunicazione digitale efficace, per parlare al tuo target e per definire un tone of voice autentico che converte. Ciò che per alcuni rappresenta un concetto, per altri diventa un’espressione totalmente differente. E se non capisci questa differenza, stai comunicando male con il tuo pubblico. Il problema delle emoji fraintese Pensa a quante volte hai visto un brand usare un’emoji in modo sbagliato. Una pizzeria che usa una emoji di fuoco per dire “pizza calda”? Giusto. Ma un brand di lusso che usa la stessa emoji? Sembra disperato, poco raffinato, fuori posto. Perché? Perché le emoji hanno un contesto, una cultura, un significato che va oltre il simbolo. E se non lo capisci, comunichi in modo inautentico. E i tuoi clienti lo sentono. Come le generazioni interpretano le emoji Ecco un esempio concreto: L’ emoji della faccina sorridente classica 😊 Per la Gen X e i Millennial? È genuina, amichevole, positiva. Per la Gen Z? È passiva-aggressiva, falsa, sospetta. Perché? Perché la Gen Z ha sviluppato il suo linguaggio emoji, dove quella faccina sembra “troppo formale”, “troppo vecchia”, “non autentica”. Loro preferiscono emoji più ironiche, più crude, più oneste: 💀 (per dire “muoio dal ridere”), 😭 (per dire “piango dal ridere”), 🫠 (per dire “mi sto sciogliendo”). Se sei un brand che parla ai Gen Z e usi 😊, stai già perdendo credibilità. Perché le emoji sono diventate strategiche Le emoji non sono più decorazioni. Sono codici linguistici. Ogni emoji che scegli comunica: Se scegli le emoji giuste, il tuo messaggio risuona. Se scegli quelle sbagliate, sembri fuori luogo. E in un mercato dove l’autenticità è la valuta più preziosa, questo è un errore costoso. La variabilità delle emoji: un elemento cruciale Ecco il punto che molti brand non capiscono: le emoji non hanno un significato fisso. Lo stesso simbolo può significare cose diverse a seconda di: Questa variabilità è oggi un elemento cruciale per chi si occupa di comunicazione digitale. Perché? Perché significa che non puoi usare le emoji a caso. Devi pensarci. Devi capire il tuo pubblico. Devi essere strategico. Come i brand intelligenti usano le emoji I brand che convertono di più usano le emoji per comunicare autenticità e appartenenza. Ogni scelta è strategica e mirata al target. Il linguaggio del tuo pubblico: la domanda cruciale Ecco la domanda che dovresti farti: hai mai dedicato del tempo a comprendere il linguaggio del tuo pubblico? Non solo le parole. Il linguaggio completo: le emoji, il tono, lo stile, i riferimenti culturali, l’ironia. Se la risposta è no, stai comunicando nel vuoto. Stai usando un linguaggio che il tuo pubblico non riconosce come autentico. E in un mondo dove l’autenticità è tutto, questo è un problema serio. Comprendere il linguaggio dei social media: una necessità per una comunicazione digitale efficace Comprendere questi codici non è più un optional. È una necessità strategica per intercettare in modo efficace il tuo target. Se vuoi che il tuo messaggio risuoni, devi parlare la lingua del tuo pubblico. Non la tua lingua. E questa lingua include: Tutto questo insieme crea credibilità e connessione. Come Social Levante applica questo principio Nel nostro lavoro di gestione social media, creazione di contenuti e campagne di influencer marketing, la prima cosa che facciamo è capire il linguaggio del tuo pubblico. Di certo l’analisi non parte dalle emoji, ma da una riflessione sul tono di voce e sul lessico del tuo brand. È: “Chi è il nostro pubblico? Come parla? Quali emoji lo fanno sentire compreso? Quale tov lo attrae?” Perché sappiamo che il linguaggio è il fondamento della connessione. Il tuo prossimo passo Se la tua comunicazione digitale non risuona con il tuo pubblico—sui social, sul sito, nelle email—potrebbe non essere un problema di strategia, ma di linguaggio. Forse le emoji che usi non sono autentiche per il tuo target. Forse il tono che adoperi non corrisponde alla cultura del tuo pubblico. Forse stai comunicando in un linguaggio che loro non riconoscono come genuino. Contattaci per una consulenza gratuita e scopriamo come parlare il linguaggio del tuo pubblico per creare connessione autentica e conversioni concrete. 🎯 Contattaci
E-commerce: la prima vendita online che i tuoi competitor non conoscono

E-commerce: la prima vendita online che i tuoi competitor non conoscono 11 agosto 1994. Un fan di Sting, seduto davanti al suo computer, fa una cosa che nessuno aveva mai fatto prima: compra un CD online, dando vita alla prima transazione e-commerce della storia. Quella vendita ha rivelato il segreto di ogni strategia di vendita su e-commerce vincente: non si vende un prodotto, si vende il desiderio di averlo. Un principio psicologico del consumatore online che oggi determina chi riesce a vendere online e chi no. Pochi dollari. Una transazione banale. Eppure, quella semplice azione ha dato vita a un’industria da 5 miliardi di dollari che oggi muove il mondo intero. Il desiderio, non il prodotto Quel fan di Sting non stava cercando “un modo per comprare online”. Stava cercando quel CD specifico. Lo voleva così tanto che era disposto a fare qualcosa di nuovo, sconosciuto, persino rischioso. Perché? Perché il desiderio era più forte della paura. E qui sta il segreto che la maggior parte dei brand non capisce: Non vendi prodotti. Vendi il desiderio di averli. Perché i tuoi clienti comprano (davvero) Pensa all’ultimo acquisto online che hai fatto. Cosa ti ha spinto a cliccare su “acquista”? Non era la descrizione tecnica del prodotto. Non era nemmeno il prezzo più basso del mercato. Era il desiderio di risolvere un problema o di ottenere qualcosa che volevi davvero. Un capo di abbigliamento? Perché avresti voluto indossarlo. Un servizio? Perché immaginavi come avrebbe migliorato la tua vita. Un’esperienza? Perché potevi già visualizzare il momento. Il desiderio viene prima della transazione. Come i brand dimenticano questa lezione Oggi, 30 anni dopo quella prima vendita online, molti brand hanno dimenticato questa lezione fondamentale. Cosa fanno invece? E il risultato? Nessuno compra. O meglio: comprano i competitor che hanno capito come parlare al desiderio. Il desiderio nel tuo E-commerce (o nel tuo sito) Se vendi online—che sia un e-commerce Shopify, un sito WordPress con prodotti, o servizi attraverso il tuo sito—la domanda che devi farti per una strategia di vendita efficace è: Sto creando desiderio, o sto solo elencando prodotti? Un sito che funziona non è un catalogo. È una storia che crea emozione. Quando descrivi un prodotto, non stai descrivendo un oggetto. Stai descrivendo: Esempi concreti Sbagliato: “Maglietta in cotone 100%, disponibile in 5 colori, taglia XS-XXL, prezzo €29,99” Giusto: “Quella maglietta che indossi quando ti senti bene con te stesso. Cotone premium che dura nel tempo, colori che non sbiadiscono, e quella vestibilità perfetta che ti fa sentire a tuo agio. Perché la qualità non è un lusso, è una scelta.” Vedi la differenza? Nel secondo caso, il cliente non sta comprando una maglietta. Sta comprando il desiderio di sentirsi bene. Come Social Levante crea questo desiderio Nel nostro lavoro di creazione siti web e gestione social media, non creiamo mai semplici cataloghi. Creiamo esperienze che generano desiderio. Per un cliente di moda? Mostriamo lo stile di vita, non solo i capi. Per un ristorante? Raccontiamo l’atmosfera e l’emozione, non solo i piatti. Per un servizio? Mostriamo la trasformazione che il cliente vivrà. Perché sappiamo che il desiderio vende più di qualsiasi sconto. Il tuo prossimo passo Se il tuo e-commerce non converte come dovrebbe, la domanda non è “come faccio a fare più sconti?” La domanda è: “Sto creando desiderio, o sto solo vendendo prodotti?” Se il tuo sito è un semplice catalogo, è il momento di trasformarlo in un’esperienza che crea emozione e desiderio. Perché sappiamo bene: il fan di Sting non ha comprato un CD nel 1994. Ha comprato il desiderio di avere esattamente quel CD, subito, senza aspettare. E i tuoi clienti? Stanno aspettando lo stesso desiderio.Contattaci per una consulenza gratuita e scopriamo come trasformare il tuo sito in una macchina di conversione basata sul desiderio. 🎯 Contattaci